Recentemente Pauline Grange, gestore della strategia Global Sustainable Outlook, ha partecipato al nostro podcast Eye of the Needle. Abbiamo rivisitato la sua analisi “10 fattori che potrebbero cambiare le economie e i mercati per sempre” dell’aprile 2020 per vedere se alcune delle sue opinioni iniziali sono cambiate nei mesi successivi…
PICCO DELLA GLOBALIZZAZIONE
Attualmente qual è la tua opinione sul picco della globalizzazione e, in termini di consumi e di catene produttive, in che modo i paesi cominceranno a dare maggiore importanza alla provenienza di prodotti, beni di consumo e “cose” in generale?
All’inizio del 2020, quando in Cina è iniziato il lockdown, si sono verificate numerose interruzioni delle catene produttive dell’elettronica, delle automobili o dei beni di consumo sanitari, come i dispositivi di protezione individuale, di cui avevamo bisogno nei nostri ospedali. Quindi, a livello aziendale è aumentata la consapevolezza che le società non possono più fare affidamento su una sola regione o un solo paese, come la Cina. Di conseguenza, le aziende hanno iniziato a diversificare le loro catene produttive e a orientare alcune forniture più a livello locale. Questa dinamica è stata evidente soprattutto nel settore tecnologico.
Nel 2020 abbiamo osservato un’escalation della guerra commerciale tra gli Stati Uniti e la Cina: Washington ha imposto una serie di embarghi a società tecnologiche cinesi come Huawei, impedendo loro di accedere alla proprietà intellettuale o ai brevetti statunitensi. La Cina, a sua volta, è diventata più isolazionista negli investimenti tecnologici e ha capito di non poter più fare affidamento sulle società tecnologiche statunitensi. Quindi nel 2020, per la prima volta, ha investito più degli Stati Uniti in ricerca e sviluppo e si inizia a notare una regionalizzazione della tecnologia, in particolare per quanto riguarda le tecnologie per il clima. In quest’ambito si inizia a parlare di “guerre climatiche”, perché la Cina ha investito molto e sta iniziando a imporsi in aree come i veicoli elettrici, la tecnologia di batteria e quella solare, mentre l’Europa è diventata leader nelle energie rinnovabili.
Con l’entrata in vigore dei piani di stimolo fiscale in Europa, nel Regno Unito e negli Stati Uniti, i governi torneranno a dare la priorità ai posti di lavoro e alle aziende locali. La globalizzazione dunque non scomparirà, ma sta sicuramente cambiando.
CRESCONO I CONSUMI ONLINE e ACCELERA IL PASSAGGIO ALLE CARTE DI PAGAMENTO
La crescita dei consumi online e la transizione verso i pagamenti digitali sono destinate a perdurare, vero?
Senz’altro. Anche in quest’ambito il ritmo della transizione dal consumo offline a quello online e dai contanti ai pagamenti digitali ha superato le aspettative di tutti. I consumatori sono stati costretti ad acquistare online a causa dei lockdown in tutto il mondo, ma anche le aziende hanno dovuto accelerare i loro investimenti nelle piattaforme digitali. Negli Stati Uniti, nel 2020 la crescita delle vendite online ha raggiunto ben il 44% su base annua, ossia tre volte l’espansione del 15% registrata nel 2019. Ora la penetrazione online negli USA supera il 21%, a fronte del 15,8% del 2019: si tratta di un incremento di 5,5 punti percentuali su base annua, il più elevato dall’inizio delle registrazioni².
Secondo molte delle società digitali con cui ho affrontato l’argomento, la pandemia di Covid-19 ha accelerato questa transizione di diversi anni. È improbabile che questa crescita si ripeta nel 2021, quindi la domanda diventa: l’importo assoluto in dollari del consumo online diminuirà? Non credo. Innanzitutto, le aziende continuano a investire in piattaforme digitali e a spostare le loro attività verso un mondo online, mentre i consumatori si sentono sempre più a loro agio a fare acquisti in
rete: alcune fasce demografiche che non avevano mai usato le piattaforme digitali ora le hanno adottate. Lo vedo con i miei suoceri, che prima della pandemia non avevano mai fatto acquisti online: ora scelgono volentieri ricette proposte in rete da aziende alimentari e fanno tutta la loro spesa online, e ne apprezzano molto la comodità.
Quindi si è verificato un cambiamento culturale e in Cina dopo il lockdown il boom dell’e-commerce è proseguito, con ottime vendite e continui investimenti delle aziende in piattaforme online come Tmall ecc. La crescita potrebbe non restare tanto sostenuta, ma il consumo online è destinato a perdurare.
IL RILANCIO DELL'AGENDA "GREEN" e L'ASCESA DEL CAPITALISMO MORALE
Secondo te questi due fattori sono interconnessi? E quale sarà la loro evoluzione?
Questi sono argomenti vasti e complessi. Il rilancio dell’agenda “green”, ad esempio, ha chiaramente assunto un ruolo di maggiore spicco e fa parte dei programmi dei governi di tutto il mondo. La globalizzazione delle politiche di “emissioni nette pari a zero” nel 2020 è stata un aspetto decisamente positivo. I governi fisseranno per un determinato anno l’obiettivo di avere emissioni nette di carbonio pari a zero in linea con l’Accordo di Parigi, il cui obiettivo è azzerare le emissioni mondiali entro il 2050.
In primo luogo, come abbiamo visto l’UE ha messo il Green deal al centro del suo programma di ripresa post-Covid, accelerando anche il suo obiettivo di decarbonizzazione per ridurre le emissioni del 55% entro il 2030 (dai livelli del 1990)3. Ma la grande sorpresa del 2020 è stata la Cina, la maggiore responsabile delle emissioni, che ha fissato l’obiettivo di emissioni nette pari a zero entro il 2060.4 Ciò ha avuto un impatto significativo: prima della fine del 2020 quasi la metà del mondo aveva fissato obiettivi di neutralità climatica. Ora, con Joe Biden alla presidenza, è più probabile che gli Stati Uniti stabiliscano un obiettivo di emissioni nette pari a zero; se ciò avvenisse, quest’anno circa il 60% delle emissioni globali sarebbe coperto da accordi di questo tipo, un fattore decisamente favorevole per quanto riguarda il cambiamento climatico.
Per quanto riguarda il capitalismo morale, dobbiamo innanzitutto domandarci: cosa intendiamo per capitalismo morale o capitalismo responsabile? In precedenza il capitalismo si concentrava notevolmente su un certo tipo di stakeholder, per esempio gli azionisti o i proprietari dell’azienda. Ora però le società sono soggette a crescenti pressioni da parte dei governi, dei consumatori e della popolazione in generale verso una maggiore attenzione a tutti i soggetti interessati. Rientrano in quest’ambito il modo in cui trattano o sostengono i loro dipendenti e/o fornitori e la creazione di valore per i consumatori.
Vi è anche la volontà di considerare i costi effettivi dell’attività aziendale, non solo in termini di dollari, ma di impatto sull’ambiente. Ciò che si è verificato durante la pandemia ha reso questi aspetti molto più importanti. Prendiamo per esempio il movimento Black Lives Matter, che si schiera contro il razzismo sistematico a livello mondiale e che ha costretto molte aziende a rivedere il loro organico, cercando di risolvere il problema della scarsa diversità del loro personale. Gli occhi sono stati puntati anche sulle catene produttive e alcuni rivenditori al dettaglio sono stati screditati pubblicamente per non aver onorato i contratti con i fornitori in Bangladesh, con un conseguente aumento dei livelli di povertà nel paese. Ora il modo in cui vengono trattati i fornitori ha conseguenze concrete.
Questi due fattori, ossia la rivisitazione del capitalismo e dell’agenda “green”, sono interconnessi? Credo proprio di sì. Le aziende hanno una responsabilità morale a livello sia sociale sia ambientale, e con la crescente importanza dell’agenda “green” dovranno anche affrontare una maggiore regolamentazione. Il loro accesso a finanziamenti a più basso costo potrebbe dipendere dal fatto che i loro prodotti aiutino a risolvere alcuni problemi ambientali a livello globale: finanziandosi attraverso social bond o green bond vedrebbero aumentare le valutazioni se rendessero i loro prodotti più responsabili dal punto di vista ambientale o sociale.
¹BofA research, febbraio 2021
²https://www.digitalcommerce360.com/article/us-ecommerce-sales/
3BBC.co.uk, Climate change: EU leaders set 55% target for CO2 emissions cut, 11 dicembre 2020
4 The Guardian, What China’s plan for net-zero emissions by 2060 means for the climate, 5 ottobre 2020