L’economia statunitense sta rallentando e sembra destinata a subire una lieve recessione. Il sostegno alla spesa dei consumatori derivante da tutta la liquidità accumulata durante la pandemia – i cosiddetti “salvadanai da Covid” – si è esaurito. I dati diffusi la scorsa settimana lo hanno confermato: la spesa dei consumatori sta crescendo lentamente e il tasso di risparmio è in aumento. La ripresa dei rimborsi dei prestiti agli studenti a settembre, che valgono in media 400 dollari al mese per ogni beneficiario, rappresenterà un ulteriore colpo. Allo stesso tempo, la spinta temporanea all’edilizia abitativa derivante dalla riduzione dei tassi ipotecari all’inizio della primavera e dallo smaltimento delle scorte da parte dei costruttori di case è ormai alle spalle. Il CAPEX è in calo. I dati sull’occupazione sono attesi per venerdì e, qualunque sarà il loro valore, il quadro generale è di rallentamento. L’offerta di manodopera è aumentata, quindi anche una ragionevole crescita dell’occupazione farebbe aumentare la disoccupazione.
Allo stesso tempo, l’inflazione è in calo. I prezzi dei beni alimentari e dell’energia si sono ridotti e anche l’inflazione core ha subito un netto rallentamento. Il Federal Open Market Committee (FOMC) si riunirà il 26 luglio per determinare i tassi di interesse, e i dati che si avranno da qui ad allora, in particolare quelli relativi all’IPC e all’occupazione, determineranno se procedere con un ulteriore aumento. In ogni caso, pensiamo di essere vicini al picco. La questione principale è se la Federal Reserve procederà a dei tagli in modo aggressivo nel 2024. Prima del crollo della Silicon Valley Bank a marzo, il mercato prevedeva che il tasso sui Fed funds avrebbe chiuso il 2024 al 4,25%; quest’ultimo è poi sceso precipitosamente al 2,8%, ma da allora si è riportato sopra il 4%. Pensiamo che i tassi statunitensi l’anno prossimo saranno inferiori alle aspettative del mercato, e certamente più bassi di quanto la Fed ci faccia credere.
Intanto, nel Regno Unito l’inflazione core è andata nella direzione opposta: attualmente, infatti, è significativamente più alta delle aspettative e, per questo, abbiamo dovuto alzare le nostre previsioni sull’inflazione di fine anno: invece del 3%, ora ci aspettiamo un probabile 4%. Si tratta comunque di un calo notevole, che consentirebbe al Primo Ministro inglese di raggiungere l’obiettivo di dimezzare l’inflazione (che al momento della sua definizione era pari al 10%). I prezzi dell’energia sono già scesi ed entro ottobre le bollette delle famiglie dovrebbero registrare un calo di circa il 20% su base annua, in netto contrasto con gli aumenti di oltre il 200% registrati all’inizio dell’anno. Anche l’inflazione dei prezzi dei beni alimentari dovrebbe ridursi notevolmente, passando dal picco di quasi il 20% di marzo a una sola cifra. Sono in arrivo altre notizie migliori, con anche un calo dell’inflazione dei prezzi dei beni. Gran parte di questo andamento riflette i prezzi internazionali, ma anche la forza della sterlina sta contribuendo. Stimiamo che la debolezza della sterlina stia aggiungendo quasi due punti percentuali all’inflazione attuale; entro Natale questo effetto sarà scomparso.
Ma tutto ciò non rappresenta un calo sostenuto dell’inflazione, e la forza della crescita salariale del Regno Unito manterrà la pressione sulla Banca d’Inghilterra affinché aumenti ulteriormente i tassi. Il miglioramento della fiducia sta incoraggiando i consumatori britannici ad attingere ai loro salvadanai da Covid. A differenza dei cugini statunitensi, l’anno scorso i consumatori britannici non hanno speso, spaventati dalla prospettiva di bollette energetiche alle stelle durante l’inverno. Poiché la paura si è attenuata, i consumatori stanno ora spendendo di più. Tuttavia, con il tempo, l’impennata dei tassi ipotecari del Regno Unito frenerà la spesa di quest’ultimi, indebolirà il mercato del lavoro e rallenterà l’inflazione salariale. Tuttavia, riteniamo che uno scenario simile si realizzi nel 2024. Per il momento, la domanda dei consumatori manterrà in vita l’economia britannica.
Che cosa significa questo per i mercati? Se abbiamo ragione rispetto a una recessione negli USA, gli asset di rischio si troverebbero in difficoltà. Il dollaro spesso sale in un simile contesto, ma se i differenziali dei tassi di interesse si muoveranno a sfavore degli Stati Uniti, come ci aspettiamo, potrebbe accadere il contrario. In ogni caso, le obbligazioni dovrebbero registrare un aumento. Non prevediamo una profonda recessione negli Stati Uniti, quindi il sell off dei titoli azionari dovrebbe essere limitato e fornire un’opportunità di acquisto, sostenuta dalla prospettiva di tassi di interesse più bassi. Ma la debolezza potrebbe essere evidente prima.