Il 2021 è stato contrassegnato dalle continue interruzioni delle filiere produttive. Con l’arrivo del 2022, il peggio è passato? Un’analisi recente svolta da Morgan Stanley sui dati tratti dalle indagini storiche di lungo termine dell’ISM (l’Institute for Supply Management statunitense) esamina i periodi in cui i tempi di consegna sono rimasti elevati (Figura 1).
Figura 1: Filiere produttive – lunghezza, grandezza, pendenza… e cosa succede alla crescita della produzione industriale?
Fonte: Haver Analytics/Morgan Stanley Research, sino a novembre 2021
Questa analisi mostra che negli ultimi 60 anni e più, la durata mediana delle strozzature è di ben 26 mesi. Fino al novembre 2021, mese in cui è stata stilata la tabella, ne abbiamo attraversati appena 18. Non sono un economista, ma ciò è fin troppo in linea con le conversazioni “bottom-up” che abbiamo intrattenuto con le aziende di vari settori, dalle auto e i macchinari fino ai beni di consumo voluttuari e alle apparecchiature tecnologiche e industriali. I responsabili degli acquisti di queste aziende continuano a usare l’emoji delle spalle alzate nelle email interne: la visibilità è scarsissima, e sono poche le imprese che prevedono con un qualche grado di convinzione un ritorno alla normalità prima della seconda metà dell’anno.
Cosa succede quando le cose vanno meno male? Per certi versi, si va di male in peggio… di solito (Figura 2). Morgan Stanley ha calcolato anche ciò che succede alla produzione industriale una volta normalizzata la situazione lungo le filiere produttive. La risposta è che la crescita diminuisce, e se guardiamo ai periodi relativamente recenti di rigidità dell’offerta di inizio 2013 e inizio 2016, vediamo come la produzione industriale sia effettivamente calata.
Figura 2: Cosa succede alla produzione industriale dopo che i tempi di consegna lungo le filiere raggiungono il picco?
Fonte: Haver Analytics/Morgan Stanley, fino a novembre 2021
Come razionalizzare tutto questo? Gli ordinativi arretrati possono diventare meno esosi rispetto all’esordio delle strozzature e per diversi mesi – chiamiamolo “effetto stanchezza dei consumatori” – e la rigidità dell’offerta può sfociare in erosione della domanda proveniente tanto dalle aziende quanto dai consumatori. Spetterà ai mercati azionari attraversare questi timori nei prossimi mesi.
Questa volta è diverso? Sono parole pericolose per gli investitori, benché possano assomigliare al vero in alcuni settori e nicchie di mercato. Prendiamo ad esempio Trane Technologies, azienda di macchinari di riscaldamento, ventilazione e condizionamento dell’aria, che recentemente ha riportato un aumento del 90% degli ordinativi statunitensi rispetto a fine 2020. Man mano che i sussidi pandemici verranno spesi e che i consumatori americani più facoltosi sposteranno la spesa dalle proprie abitazioni alle proprie esperienze, le cose potrebbero cambiare in peggio. Tuttavia, è probabile che la crescita di Trane verrà alimentata maggiormente dai clienti aziendali e governativi più grandi che effettuano interventi di modernizzazione spinti dal meccanismo “carota e bastone” degli incentivi di spesa e dell’inasprimento delle norme emissive (si pensi, ad esempio, alla spesa ingente destinata agli edifici scolastici vetusti). Il pacchetto NextGenerationEU crea condizioni simili per la crescita in Europa. Più in generale, credo che il tema dell’”elettrificazione totale” – dalle auto passeggeri alle apparecchiature estrattive, fino agli edifici commerciali e alle fabbriche – sia destinato a restare con noi, insieme ad una crescita più elevata e più duratura in queste aree, anche qualora il rimbalzo generalizzato post-Covid dovesse rallentare.